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Un nuovo Sito Web nel segno della Tradizione: ricordo di S.A.R. il Principe Carlo Ugo di Borbone Parma 

L'importanza di essere al passo con i tempi ha reso necessaria una completa ristrutturazione del nostro sito al fine di fornire un servizio di informazione e aggiornamento adeguato. Sono stati inseriti nuovi link e gallerie ed è stato aggiunto un riquadro per i suggerimenti di quanti vorranno aiutarci a fornire nuove idee e proposte. La filosofia che ha caratterizzato questo cambiamento è quello di essere sempre più presenti nella realtà contemporanea, ma con un forte riferimento ai valori e alla tradizione rappresentati dalla Real Casa di Borbone Parma e dalla sua storia secolare. Inauguriamo questa nuova versione del sito, completamente rinnovato nella forma e nei contenuti, con un ricordo di S.A.R. il Principe Carlo Ugo di Borbone Parma, un uomo che ha coniugato l'essere l'erede di una antica tradizione e "testimone della storia" del nostro territorio, come lui amava definirsi. I due articoli che seguono sono stati scritti da Paolo Conforti poco dopo la scomparsa del Principe Carlo Ugo, e oggi, a tre anni di distanza, ci consentono ancora di percepire lo spessore dell'uomo e dell'opera da lui svolta.

Guido Agosti

Ricordo del Principe Carlo Ugo

Era personalmente davanti alla porta del palaeventi di Cortina per raccogliere fondi a favore del recupero dei bambini soldato del centro Africa o alla mensa di Padre Lino, alla chiesa dell'Annunziata, a Parma, per consegnare direttamente i proventi di una serata benefica. Il Principe Carlo Ugo di Borbone era così, una persona diretta, semplice, discreta, di grande cultura e di straordinaria umanità.
Dopo aver perso la corona spagnola per aver auspicato una Nazione libera dalla oppressione militare franchista e aperta alle istanze sociali che partivano dai minatori delle Asturie, che bollerà il ramo Parma come Principi "di sinistra", Carlo Ugo tornerà ad amare la terra italiana dei suoi avi senza rivendicazioni, ma senza mai rinnegare il ruolo che la storia ha conferito alla sua famiglia. Negli ultimi anni ha promosso periodici eventi ed incontri nei territori che costituirono il "suo" antico Ducato di Parma e Piacenza. Il Principe amava definirsi "ambasciatore della storia", nell'assoluto rispetto alle Istituzioni dello Stato, vicino a Parma non solo come custode della sua tradizione ducale, ma anche come cittadino legato alle secolari vicende della "sua" terra, dove, come lui stesso ricordava, "la nostra sensibilità storica e umana ritrova gli archivi più intimi della propria memoria".
I suoi studi ad Harward lo hanno portato negli ultimi anni ad occuparsi di economia dei Paesi in via di sviluppo, che riteneva fosse il tema della sfida dell'immediato futuro per il mondo occidentale. Ne parlava spesso, nelle sue lezioni accademiche come nelle conferenze internazionali. Un tema che ha approfondito nei suoi incontri privati con il Pontefice Benedetto XVI, con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con Capi di Stato e diplomatici di mezza Europa, dove ebbi la fortuna di accompagnarlo in alcune occasioni. L'attenzione e l'affetto con il quale veniva ricevuto aveva qualcosa che andava oltre il protocollo perché riusciva immediatamente ad entrare in sintonia con chiunque, in un clima di cordialità che sforava ogni previsione. Il suo carisma era nella persona, prima ancora che nel ruolo che aveva ereditato dalla storia.
Si fermava a lungo a parlare con tutti, spesso facendo domande dirette che non hanno risparmiato nemmeno il Santo Padre, che lo ha trattenuto a colloquio uguagliando il tempo dedicato ad Obama. A volte – alla Camera dei Lord o al Quirinale –, quando veniva spontaneo chiedersi se lì qualcuno fosse stato informato che il Ducato di Parma non esisteva più da un secolo e mezzo, ci si rendeva conto qual'era il motivo di tanta considerazione: una figura che andava ben oltre il nome illustre che portava, una statura umana e morale capace di entrarti immediatamente nel cuore e al quale si aprivano immediatamente tutte le porte.
La sua attualità, basata su una solida preparazione in campo politico-economico, non gli fanno dimenticare la storia e il ruolo della sua famiglia nella tradizione dello Stato ducale. Era orgoglioso del governo illuminato con il quale, alla metà del Settecento, si apre per Parma un capitolo nuovo; dove inizia un percorso che porterà la città ad essere a pieno titolo una Capitale europea, con un fermento di iniziative e la nascita di istituzioni culturali che ancora oggi sono i momenti più importanti della vita del territorio. La lungimiranza dei Borbone segnarono uno sviluppo culturale a dimensione europea senza precedenti, che rappresentò uno dei momenti salienti di questa crescita. Artisti, scultori, pittori, architetti di fama internazionale animarono la vita culturale, dando a Parma e al suo territorio una immagine che ancor oggi la caratterizza; una immagine che affonda lontane le sue radici e che nel corso dei secoli ha segnato il divenire di una delle più belle città italiane.

Paolo Conforti

 

Il 28 agosto 2010 doveva essere la data del matrimonio del Principe Carlo Saverio di Borbone Parma. Il destino ha voluto invece che lo stesso giorno assumesse il titolo ducale di Parma ai funerali del padre Carlo Ugo. Non mancava proprio nessuno dei rappresentanti delle Istituzioni, formalmente presenti con i gonfaloni, il Sindaco, le massime autorità, parlamentari di governo e di opposizione, sindaci, militari di ogni ordine grado in alta uniforme, una folla trattenuta a stento dalle transenne in via Garibaldi che voleva vedere la "famiglia reale". Un funerale privato con 400 invitati che se fosse stato pubblico avrebbe richiesto almeno la Cattedrale.
Più che una passerella di teste coronate è stato un ultimo saluto di gente comune, con migliaia di cittadini che fra Parma e Piacenza hanno sfilato in silenzio davanti alla bara del Principe Carlo Ugo di Borbone. Anche venerdì, con la basilica della Steccata chiusa per permettere i controlli di sicurezza, erano tante le persone che chiedevano di poter avere accesso alla camera ardente ma che erano cortesemente fermate sulla porta. Due signore con la borsa della spesa in mano si sono inginocchiate sui gradini di via Dante per una preghiera. Innumerevoli le telefonate di parmigiani che chiedevano di poter avere un pass per partecipare alle esequie.
Un ricordo affettuoso quello del Vescovo di Parma Enrico Solmi, che ha ricordato l'"uomo", le sue doti umane e morali. Un messaggio commosso quello del figlio, il Principe Carlo Saverio, che richiama le battaglie per la libertà combattute in Spagna dal padre e che riconferma la fedeltà alla Chiesa Cattolica e alle tradizioni parmensi.
I Cavalieri degli Ordini dinastici della Casa Borbone Parma portavano le bandiere preceduti dal gonfalone del Comune di Parma listato a lutto; un antico privilegio, quello della Casa Borbone Parma, confermato dalla Repubblica Italiana con una legge del 1951, quello di concedere due prestigiosi Ordini cavallereschi legalmente autorizzati all'uso: l'Ordine Costantiniano di San Giorgio e l'Ordine di San Lodovico, che sono fra i più ambiti d'Europa. Erano in diversi i militari che li sfoggiavano sulla divisa della Repubblica Italiana in forza di questo riconoscimento.
E' un fenomeno che merita una riflessione che va oltre i luoghi comuni detti e scritti o degli interventi di chi, con due secoli di ritardo, ritiene più opportuno occuparsi dei riti dell'aristocrazia anziché dei disastri della borghesia; è un fenomeno che trova rinnovati motivi di interesse nella riscoperta dei valori, delle tradizioni e della identità del proprio territorio che per altri versi la Lega ha saputo cogliere in un momento di disaffezione per la politica e di recupero di quei caratteri di autonomia che la "globalizzazione" risorgimentale non è mai riuscita appieno a realizzare da Bolzano a Palermo.
Tutto quello che può rappresentare l'identità storica e l'orgoglio di campanile, bene o male, non perde mai occasione di emergere con forza, soprattutto in città come Parma, che insieme a poche altre (Torino, Modena, Firenze, Roma, Napoli) fu per secoli Capitale di uno Stato cancellato non certo per volontà popolare ma per i disegni egemoni delle grandi potenze europee sui territori italiani. Parma costò 40.000 morti francesi e austriaci che in un solo giorno si giocarono il predominio della Val Padana. Poi misero una bella lapide a barriera Bixio dove sta scritto che "A proclamare Vittorio Emanuele Re d'Italia concorse la Provincia Parmense con 63.789 voti", un plebiscito bulgaro al cui confronto le elezioni di Ahmadinejad in Iran sembrano un modello di democrazia. Sul municipio di Palermo la lapide ci ricorda invece che il "popolo siciliano" sfiorò i risultati della Corea del Nord con 432.053 voti favorevoli all'annessione al regno sabaudo su 432.720 votanti. E fu così, visto che la storia la scrivono i vincitori, che i combattenti per la libertà dell'Aspromonte sono ricordati sui libri di scuola come briganti anziché come partigiani.
E non a caso Parma oppose sempre una forte resistenza all'occupazione straniera, come ha voluto ricordare il Consiglio Comunale di Parma con un ordine del giorno in ricordo del bicentenario della resistenza nel parmense ai francesi votato il 27 febbraio 2006 "affinché il tempo non offuschi il ricordo di quanti hanno lottato per la libertà, sacrificandosi per la difesa della propria identità nazionale e rende omaggio alla memoria di quanti hanno combattuto e di quanti hanno sacrificato la loro vita per rivendicare il diritto di indipendenza, di sovranità e di autonomia del territorio parmense e riaffermare la propria libertà contro l'occupazione straniera".
Ma, al di là della storia, è evidente che Parma ha l'incancellabile genetica di una sorta di identità "nazionale" di un territorio di cui fu la Capitale per oltre tre secoli. Quello che viene spontaneo domandarsi è se tutto questo faccia parte di un passato remoto o di un passato prossimo. Ci chiediamo cioè se l'Ottocento sia già fermo nei libri di storia o sia invece un tempo che faccia ancora parte di noi stessi, della nostra memoria, a cui siamo legati dall'immagine dei nonni, da qualche oggetto di casa, da una foto ingiallita, da quella cultura tardo romantica che bene o male ancora impregna il presente. L'idea che l'ultimo sovrano regnante sul Ducato sia solo il nonno del Principe Carlo Ugo – e non un lontano "antenato" – stringe molto questo segmento temporale. In fondo il ricordo di queste duchesse, da Maria Luigia d'Asburgo, moglie di Napoleone, a Luisa Maria di Francia, a cui si deve anche la costruzione delle prime case popolari in via della Salute, bisnonna di Carlo Ugo, ha intriso la nostra identità al punto da connotare la nostra cultura con francesismi che abbiamo fatto nostri.
Dopo la funzione quasi due ore di fila ininterrotta degli invitati per porgere le condoglianze alla famiglia nel coro della chiesa. Nel pomeriggio l'ultimo saluto in cripta della famiglia, con decine di persone già in fila – alcune con un mazzetto di fiori – per porgere il primo saluto al sepolcro del duca. Molti chiedevano di poter apporre ancora la propria firma al registro delle condoglianze, chiuso il giorno precedente. I "ragazzi", i Principi Saverio, Giacomo, Carolina e Margherita, con la madre Irene, sorella della regina d'Olanda, stringono le mani ai passanti che si avvicinano mentre escono dalla Steccata, alcuni li abbracciano affettuosamente, altri scambiano due parole. Molti hanno aspettato pazientemente la fine della funzione per poterli salutare. Tutto si potrà forse dire di questa cerimonia, ma non certo che è mancata la partecipazione popolare.

Paolo Conforti